Si accede da un androne del palazzo di Corso V. Emanuele distinto con il nr. 116 . Il primo ambiente è coperto con volta a botte lunettata . Interessante notare a sinistra di questo ingresso inserito nel muro verso la strada un frammento di marmo su cui è scolpita una croce certamente di epoca antica. La cappella è una semplice aula quadrangolare delle dimensioni di m. 4,40 x 4,50 in cui c’è un altarino in marmo del 1881 con l’immagine su tela della Madonna della Sanità (1823). In un angolo è posta la statua della Madonna. In questa cappella vi è una lapide con la seguente epigrafe : LE MAMME DI QUESTA CITTA’ MEMORI DI SOCCORSI E GRAZIE AI LORO BIMBI RESTAURANO QUESTA CAPPELLA ERETTA NEL 1625 ALLA MADONNA DELLA SANITA’ DALLA FAMIGLIA TRABUCCO – MINORI 23.9.1979 – I COMITATI 1976-79-

Lateralmente all’ingresso vi è un piccolo campanile a vela

 

Un piccolo tesoro in Costiera Amalfitana

La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo costituisce il centro effettivo del villaggio rurale di Torre, località del comune di Minori, in Costiera Amalfitana.

La data della sua fondazione è incerta, ma è sicuramente antecedente al 936, quando si incontra la prima fonte documentaria, dove si parla di una iniziale ara sacrificale dedicata al dio Sole in quanto la chiesa sia perfettamente orientata secondo l’asse Est-Ovest.

In qualità di chiesa cristiana doveva essere molto piccola (probabilmente soltanto l’attuale abside) e la prima notizia storicamente certa è contenuta nei ‘Regesta Amalfitana’ dove in un documento del 961 si fa cenno di una chiesa dedicata a Sant’Angelo in Torre.

La chiesa, come si presenta oggi, è frutto di una serie di interventi di restauro ed ampliamento. Quello definitivo è avvenuto sul finire del XIX secolo grazie a fondi raccolti dai fedeli della parrocchia ed elargiti dal Regio Governo. Una lapide marmorea, posta all’interno della chiesa, ricorda il completamento della decorazione interna ed annovera i pittori e i parroci che, nel 1891 e nel 1933, curarono e finanziarono i vari abbellimenti pittorici: nel 1891, il pittore Matteo Casella curò l’abbellimento della parte superiore della chiesa (l’abside) col finanziamento del parroco Don Alfonso Russo e di tutti i fedeli, mentre nel 1933 il pittore Gaetano Piedimonte si occupò della parte inferiore (la navata) sotto il volere del parroco Don Luigi Di Lieto e dei fedeli tutti.

La chiesa parrocchiale si presenta con una struttura architettonica altrettanto semplice, in perfetta armonia con il paesaggio che la circonda: la facciata a salienti è caratterizzata dall’alternarsi di stucchi bianchi e gialli e da tarsie rosse e blu lungo le rifiniture della zona superiore; il portone d’ingresso, donato a devozione di Salvatore e Maria D’Amato, è sovrastato da una apertura a tutto sesto comunicante con la cantoria; sul lato destro della facciata si erge la torre campanaria a due piani, la quale ospita nel secondo piano due campane, restaurate ed elettrificate nel marzo 2012: la campana maggiore è datata 1722 e presenta una epigrafe raffigurante l’Annunciazione della Vergine Maria, mentre la campana minore, fusa nel 1992, sostituisce un’altra campana, datata 1623 sulla quale vi è una epigrafe riproducente la Vergine Maria col Bambino che, essendosi lesionata, è stata sottratta al campanile; sul lato sinistro della facciata vi è la casa parrocchiale,  edificata negli anni Sessanta del Novecento e che ha ospitato per vari decenni la scuola elementare del villaggio.

L’interno della chiesa, che si sviluppa su di una pianta longitudinale ad aula unica, è abbellito da interessanti pitture murarie realizzate a cavallo tra il XIX e XX secolo, quando la cultura pittorica contemporanea si compiaceva di riproporre il vibrante linearismo dell’arte gotica e bizantina.

Le decorazioni parietali della navata e del soffitto, privo di volta, sono opera di Gaetano Piedimonte, che le realizzò nel 1933: l’autore si è ispirato chiaramente al movimento artistico dei Nazareni, sorto all’inizio del XX secolo in opposizione alle avanguardie artistiche che contrapponevano all’astrattismo immagini intensamente spirituali tratte dal repertorio iconografico medievale. Al centro del soffitto è raffigurato San Michele tra i Santi Vito e Vincenzo; sopra e sotto le tre figure sono ritratti Gesù Cristo con l’Immacolata Concezione e i quattro evangelisti e alcuni simboli tipici dell’iconografia cristiana; lungo le pareti, invece, si può notare una teoria di angeli oranti e gigli bianchi. Dopo l’ingresso, un piccolo ambiente funge da deposito e conduce, attraverso una rampa di scale, alla cantoria e alla cella campanaria.

Prossima è la cappella del Santissimo Sacramento, nella quale, nel periodo natalizio, viene allestito un artistico presepio: l’altare, sovrastato da una piccola statua lignea del Sacro Cuore di Gesù, è stato donato nel 1888 da Vincenzo Ruocco fu Raffaele. Al di sopra dell’ingresso, vi è la cantoria con un organo a canne del 1739 (uno dei pochi sopravvissuti all’avvento delle moderne tastiere elettriche nella città di Minori). Quattro gradini separano la navata dal presbiterio, ove si staglia l’altare postconciliare in rame sul quale è raffigurato Gesù Cristo con le braccia aperte; volgendo lo sguardo in alto, si possono notare due lampadari di cristallo del XIX secolo e una lampada argentea, ascrivibile al medesimo secolo.

Un arco acuto, sostenuto da due colonne decorate con motivi geometrici e floreali, incornicia l’altare tridentino in marmi policromi, sul quale campeggia un trittico in cui sono rappresentanti San Michele nell’atto di calpestare il demonio in catene sovrastato dall’Eterno Padre e i due compatroni del villaggio, San Vito e San Marco, rappresentati secondo l’iconografia tradizionale. Opera di Matteo Casella del 1891, il trittico rappresenta uno dei rari prodotti di ‘art noveau’ esistenti in Costiera Amalfitana.

La pavimentazione marmorea, del XX secolo, sostituisce un pavimento in cotto maiolicato del XIX secolo, le cui tracce sono ancora visibili nel campanile.

La chiesa custodisce inoltre una tela raffigurante l’estasi di San Pietro d’Alcantara del XVII secolo del pittore Nicola Viso; una tela rappresentante l’Immacolata Concezione del XVIII-XIX secolo di autore ignoto; una tela che ritrae il Sacro Cuore di Gesù; una pala lignea raffigurante San Michele datata 1983 realizzata dal pittore salernitano Mario Carotenuto su commissione di Lorenzo Manzi e un’altra raffigurante la lavanda dei piedi datata 1984 dei pittori Vito Barra e Giovanni Gargano.

Degne di nota anche le opere statuarie: una statua lignea del XIX secolo di San Michele Arcangelo, oggetto di particolare venerazione e adorna di vari ex voto, viene portata in processione il 29 settembre; una statua lignea dell’Immacolata Concezione, anch’essa del XIX secolo, fregiata di due magnifiche corone, l’una argentea l’altra aurea, condotta processionalmente per le vie del villaggio l’8 dicembre; un manichino ligneo vestito di San Vincenzo Ferreri, con relativa reliquia, del XIX secolo, e una statua della Madonna di Fatima, esposta durante il Mese di Maggio e portata in processione a conclusione del mese di preghiera consacrato a Maria.

a cura di Luigi Reale

Chiesa dei Ss. Gennaro e Giuliano

Sull’altura denominata Villamena, in un largo vi sono le Chiese di S. Gennaro e Giuliano e della Madonna delle Grazie, oggi detta S. Maria del Rosario. La Chiesa dei Ss. Gennaro e Giuliano presenta una porta d’ingresso sormontata da un medaglione con affresco molto deteriorato rappresentante la Madonna ed è raccordata all’architrave da due volte. L’interno è a tre navate con otto pilastri di cui due addossati all’altare centrale. La navata centrale è coperta con volta a botte, mentre le laterali da volte a crociera. Lateralmente ai pilastri dell’altare sono due colonne romaniche con capitelli a foglie d’acanto molto stilizzate. In ciascuno degli altri pilastri è incorporata una colonna romanica; una di queste è parzialmente visibile in un pilastro vicino all’altare. L’abside centrale è appena accennata, mentre all’esterno sono visibili tre absidi. L’interno ha una veste barocca, probabilmente del 1754, quando il parroco Filippo Carola restaurò la Chiesa.

Chiesa di S. Maria del Rosario

Comunicante con la Chiesa dei Ss. Gennaro e Giuliano è quella di S. Maria del Rosario che presenta una sola navata coperta da volta a botte dov’è accennato un motivo a cassettoni a nove riquadri a forme romboidali e stellari. L’abside appena accennata in una leggera rientranza comprende l’altare maggiore. Altri due altari sono lateralmente. La decorazione barocca interna è più ricca che in S. Gennaro. Esternamente la cupola presenta otto nicchie delle quali quattro sono aperte a finestra e sono delimitate da costoloni che hanno una funzione decorativa. La cupola termina con una lanterna

X – XIII (fondazione intero bene)

La fondazione della chiesa dei Santi Gennaro e Giuliano risale probabilmente ai secoli X-XI, tuttavia non possediamo notizie più sicure. Qualche studioso la sposta anche verso il secoli XII-XIII. L’impianto originario della chiesa doveva riferirsi alla cultura bizantina, ma i caratteri architettonici dominanti giunti fino ad oggi rivelano una costruzione romanica. In epoca imprecisabile alcune colonne marmoree (poste tra le navate) sono state inglobate in pilasti murari a scopo di consolidamento.

Descrizione Il singolare complesso monumentale di San Gennaro si compone della chiesa parrocchiale (dedicata ai Santi Gennaro e Giuliano), dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie, delle due sacrestie, del sagrato e di altri piccoli locali. La chiesa e l’oratorio sono intercomunicanti; le loro semplici facciate fanno angolo retto tra loro e prospettano sull’unico sagrato antistante. Il complesso sorge in posizione isolata nella frazione di Villamena in Minori, sulle prime alture collinari digradanti verso il centro urbano, alla sua sinistra. Il contesto ambientale mostra caratteri agresti, dominato da giardini e terrazzamenti coltivati, raggiunti da sinuose stradine gradinate e disseminato di rada edificazione rurale. La chiesa dei Santi Gennaro e Giuliano ha un interno in cui si riconosce l’originaria impostazione architettonica medievale, ricoperta da una decisa veste decorativa barocca. Il suo sviluppo planimetrico è di tipo basilicale longitudinale, a tre navate absidate e transetto non emergente. Le coperture sono composte da un insieme di volte (a botte e a crociera) e da una cupola. La navata sinistra, attraverso un passaggio situato nella sua prima campata, è in collegamento con il vicino oratorio. La partitura architettonica della navata centrale è affidata ad un ordine di lesene composite appoggiate ai pilastri e intervallate dalle arcate a tutto sesto tra le navate. La soprastante trabeazione ha andamento mistilineo (a pulvino in corrispondenza delle lesene e curvo al di sopra delle arcate) e funge da base per la volta a botte di copertura. Le navate laterali presentano partitura molto semplificata, in cui emergono essenzialmente le lesene senza capitello poggiate ai pilastri e alla muratura perimetrale. Il transetto presenta le stesse partiture architettoniche delle navate; l’abside centrale, preceduta da due colonnine angolari in marmo, accoglie l’altare maggiore sormontato da un’ampia composizione in muratura e stucco. La sacrestia è un semplice ambiente quadrangolare accessibile dal centro della navata sinistra. L’illuminazione interna risulta alquanto scarsa per la presenza di poche finestre.

 

La Chiesa di S. Lucia in località “alla fiumara” fu costruita nel X secolo con l’annesso convento benedettino. Nel 1520 fu istituita una confraternita laicale che avrebbe provveduto ad un restauro determinante. Ha una sola navata coperta con volta a botte mentre la zona dell’altare è a pianta quadrata, con cupola a scodella caratterizzata da un alto tamburo nel quale si aprono quattro finestre. Di particolare interesse sono il coro ligneo, l’altare barocco, anch’esso ligneo, e la tomba del fondatore, Giovanni Simone Palumbo, in marmo bianco con decorazioni di marmo scuro.

 

  

Di una Confraternita del SS. Sacramento si ha notizia sin dal 1526. Nel 1545 il vescovo Giovanni Pietro Buono concesse un luogo nella Cattedrale di S. Trofimena per la suddetta Confraternita. Nel 1575 il Papa Gregorio XIII concesse alla cappella dedicata al SS. Corpus Christi un altare privilegiatum perpetuum. Nel 1606 viene ricordata la confraternita nelle relazioni “ad limina” dai vescovi di Minori al Papa. Nel 1743 fu arricchita di indulgenze dal Papa Clemente VII, e confermate nel 1777 dal Papa Benedetto XIV. Nel 1922 la confraternita venne elevata all’onore di Arciconfraternita da S. E. Mons. Ercolano Marini, Arcivescovo di Amalfi. L’associazione laicale ha sempre svolto nel corso dei secoli un’intensa attività religiosa e caritatevole, ed ha un profondo legame con il popolo minorese. Nella piccola sacrestia della chiesa è possibile consultare alcuni reperti storici, come la lettera con la quale il priore dell’epoca Vincenzo Ruocco nominava il re Vittorio Emanuele III Priore Onorario. Ma tanta storia non ha evitato all’Arciconfraternita del SS. Sacramento un periodo di grande abbandono e, infatti, dal 1952 al 1975 il pio sodalizio fu chiuso, e succesivamente riaperto. I locali dell’Arciconfraternita (il salone, la sacrestia e il corridoio) furono usati come deposito e la stessa splendida chiesetta versava in uno stato di grande degrado. Ma la volontà di rinascita dei minoresi e dei confratelli riportò l’istituzione religiosa ad un livello di sviluppo invidiabile. Nella magnifica chiesa sono ancora conservati gelosamente un organo in legno del 1700 (perfettamente funzionante), un trittico in legno di pregevolissima fattura del 1300 e il quadro centrale sovrastante l’altare, datato 1514, che rappresenta la Madonna del Rosario circondata dai Santi venerati nelle Chiese di Minori (allora se ne contavano circa 36), secondo gli studi di Vincenzo Criscuolo. L’intensa attività religiosa svolta dall’Arciconfraternita trova il suo apogeo nella Settimana Santa quando i Confratelli vestiti di un lungo camice bianco, incappucciati e cinti da una rozza corda chiamati “BATTENTI” sfilano processionalmente per le vie principali del paese e i suoi casali annunziando gli ultimi eventi della vita di Cristo. I battenti nel loro procedere suggestivo e mistico si fermano nei luoghi religiosi disseminati un po’ dovunque nel paese, e qui formando dei cerchi intonano caratteristici canti che risalgono intorno al 1375 come attesta un documento rinvenuto presso il fondo Mansi dell’archivio della Badia Benedettina di Cava dei Tirreni. Questi canti si tramandano oralmente da padre in figlio ed hanno una loro caratteristica nella doppia tonalità. Il giovedì Santo si canta col cosiddetto “Ton’e vascie” mentre il venerdì mattino col “Ton’e coppe”: il tono di sopra si riferisce al modo di cantare dei confratelli dell’Arciconfraternita del SS. Rosario, posto su in alto al casale Villamena, mentre l’altro tono fa riferimento all’Arciconfraternita del SS. Sacramento, sita in Minori centro. Dal 2011 i Canti sono divenuti “Bene demoetnoantropologico” tutelato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

 

 

 

Si eleva nel rione omonimo che attualmente è composto da poche case affogate nel verde tra limoni e vigneti. L’annessa Chiesa, che per breve tempo svolse le funzioni di cappella del cimitero, fu abbattuta definitivamente nel 1950, tranne il campanile, per le larghe lesioni nelle sue masse murarie. Dai ruderi sono riconoscibili le due absidi (fatto insolito in quanto in genere in costiera le chiese sono dotate di tre absidi), una ancora con resti di affreschi raffiguranti S. Michele e databili intorno al XII secolo. Il Campanile è anch’esso databile alla fine del XII secolo e per la ricca decorazione a tarsia su tre delle quattro facce della torre e sul tamburo, è ben visibile anche da notevole distanza.

Prima di descrivere le caratteristiche architettoniche della Basilica è opportuno ricordare che l’importanza di quella che un tempo era la cattedrale di Minori, dedicata alla Santa Croce, è legata alla presenza delle reliquie di Santa Trofimena, giovane martire di Patti in Sicilia, di cui si occupano le cronache medievali e vari scritti del nostro tempo. La tradizione vuole che le sue ossa furono rinvenute sulla spiaggia e depositate in un tempietto non lontano costruito per l’occasione. Nel 987 Minori divenne sede vescovile e restò tale fino al 1818, quando fu incorporata nella sede metropolitana di Amalfi. Come sede vescovile ebbe, così, la sua cattedrale edificata sopra la preesistente cappella sepolcrale della Santa. Nell’antico tempio, demolito verso la metà del XVIII secolo perché cadente, restano evidenti due absidi all’esterno dell’attuale Basilica: esso era orientato da nord a sud con facciata rivolta verso il mare e, cioè, ortogonalmente rispetto l’attuale. La Cappella fu interamente circondata dalla nuova costruzione e, subita qualche modifica strutturale, fu incorporata nell’attuale cripta. La costruzione dell’attuale Basilica ebbe inizio al tempo del vescovo di Minori Silvestro Stanà, che ne fu strenuo promotore, e si protrassero nel secolo successivo. La facciata principale, rivolta verso il mare, si eleva da un sagrato recintato da una balaustra in pietra che si trova a quota 2,50 m. sul piano stradale dal quale vi si accede per mezzo di un’ampia scala: con elementi architettonici e decorativi tipici del settecento, la facciata si suddivide in altezza in tre zone. La facciata si suddivide in altezza in tre zone. Sull’ingresso principale, sormontato da angeli tubanti, è posta una nicchia ovale al cui interno è situato il busto della Santa di fattura tardo barocca. Di lato alla chiesa si erge l’alto campanile che risale alla prima metà dell’ottocento in concomitanza con i lavori di completamento dell’intero complesso. Esso, a pianta quadrangolare di stile neoclassico, è diviso in altezza in tre ordini decorati con lesene e ampi finestroni arcuati in cui si intravedono le maestose campane. La base è a croce latina divisa in tre navate da pilastri sormontati da archi che determinano quattro varchi per lato. Sugli archi della navata principale, più alta rispetto alle navate laterali per dare più luce all’interno, corre una ricca trabeazione su cui poggia, a quota 11,90 m. di altezza, la volta a botte lunettata divisa nella sua lunghezza da arconi e rivestita da eleganti stucchi barocchi. In chiave di volta dell’arco trionfale vi è la riproduzione in stucco dello stemma della città di Minori. Nella navata centrale, in verticale con l’ingresso principale, in alto, vi è il quadro a contorni sagomati raffigurante S. Andrea, S. Trofimena e S. Matteo, compatroni di Minori. In fondo alla navata centrale, sul lato destro, dopo l’organo, si eleva il pulpito costituito da pregiati marmi su due colonne di broccatello, fatto eseguire nel 1616 da Tommaso Brandolino Vescovo di Minori. Alle tre navate segue l’ampio transetto che occupa buona parte dell’area antica della Cattedrale demolita. All’incrocio dei bracci si apre la bellissima cupola del diametro di 9,80 m. circa, impostata, senza tamburo, su quattro arconi sorretti da altrettanto grossi pilastri; i pennacchi sferici sono determinati dal passaggio della pianta quadrata a quella circolare. Questa cupola è protetta all’esterno da un tiburio ottagonale, con le coperture ravennate a tetto con tegole. Il presbiterio misura circa 16,60 m. di lunghezza e 10,60 m. di larghezza ed è coperto con volta a botte, nella prima parte, e con catino semisferico, per la parte terminale; tutto ricco di decorazioni a stucco dello stesso tipo del transetto e della cupola. In questo spazio, nella zona absidale, si erge il maestoso altare maggiore di marmi policromi ed intarsiati. Di rilevante valore artistico è la tavola della Crocifissione, dipinto da più parti attribuito a Marco Pino da Siena. Di particolare interesse è anche il trono vescovile, in marmo con baldacchino, di recente fattura in sostituzione di quello antico in legno, nonché le due cappelle che si aprono ai due lati del presbiterio. Nella zona sottostante il presbiteri è situata la Cripta di S. Trofimena, cui si accede da due scale curve rivestite di lastre di marmo bianco che si svolgono intorno a due pilastri che sorreggono la cupola. L’abside, profondo circa due metri, è occupato dall’altare di marmi policromi ove, in una nicchia vi è la statua in marmo della Santa, opera dello scultore Mario Casadio di Ravenna eseguita verso gli anni ’50 in sostituzione di quella in legno. In basso, sotto la mensa dell’altare, protetta da un vetro, vi è l’urna di marmo contenente le reliquie di S. Trofimena; sull’urna è scolpino un bassorilievo che raffigura la Martire in atteggiamento di chi dorme. Il pavimento è in marmo grigio e bianco che richiama quello della Basilica superiore che riflette la luce naturale che alla cripta viene dalle ampie finestre; è situato a 3,25 m. di altezza al di sotto del piano di calpestio del superiore presbiterio.